Energia
roma
13 agosto 2020
Gas, per ora l'emendamento 'blocca tutto' torna nel cassetto
Pirani (Uil): "Eni ha in programma 6 miliardi di investimenti al 2023"
13 agosto 2020 - roma - Come scrive MF, "torna in un cassetto al Mise la bozza di emendamento al decreto Semplificazioni che rischiava di dare il colpo di grazie alle attività upstream in Italia, mettendo a rischio i piani di Eni ma anche di operatori esteri del calibro di Shell e Total".
Il testo, anticipato da MF-Milano Finanza il 7 agosto scorso, non è passato inosservato e ha sollevato un’ondata di polemiche tale da convincere gli estensori di area pentastellata a fare un passo indietro. Dai sindacati alle associazioni di categoria, la levata di scudi è stata immediata e collettiva.
“Se quell’emendamento fosse passato, avrebbe messo a rischio 20 mila lavoratori di Eni e dell’indotto, tra Ravenna, Val D'Agri e Gela, bloccando anche quel poco di produzione che è rimasta”, spiega a MF-Milano Finanza Paolo Pirani,segretario generale Uiltec, “Non solo, con quelle modifiche al Pitesai sarebbe stato compromesso anche il piano Eni per Ravenna, dove è prevista la creazione del più grande centro al mondo per lo stoccaggio della CO2, utilizzando i giacimenti di gas ormai esauriti. Ma il controsenso più clamoroso sa qual è? Che dal governo sia stato anche solo pensato un emendamento del genere: mentre si ostenta la difesa dei diritti di Eni tra Cipro, Turchia ed Egitto, si va ad affossare la sovranità energetica nazionale. Questo è un caso che andrebbe portato davanti al Copasir”.
Parlando con MF, Pirani aggiunge: “Cosa sarebbe successo se quell’emendamento non fosse venuto allo scoperto? Appena una settimana fa abbiamo incontrato l’ad Descalzi, che ci aveva confermato un piano di investimenti per l’Italia pari a 6 miliardi di euro al 2023, e già in quell’occasione erano emerse le preoccupazioni per il futuro dell’upstream, frenato da un quadro normativo penalizzante"
© copyright Porto Ravenna News
Il testo, anticipato da MF-Milano Finanza il 7 agosto scorso, non è passato inosservato e ha sollevato un’ondata di polemiche tale da convincere gli estensori di area pentastellata a fare un passo indietro. Dai sindacati alle associazioni di categoria, la levata di scudi è stata immediata e collettiva.
“Se quell’emendamento fosse passato, avrebbe messo a rischio 20 mila lavoratori di Eni e dell’indotto, tra Ravenna, Val D'Agri e Gela, bloccando anche quel poco di produzione che è rimasta”, spiega a MF-Milano Finanza Paolo Pirani,segretario generale Uiltec, “Non solo, con quelle modifiche al Pitesai sarebbe stato compromesso anche il piano Eni per Ravenna, dove è prevista la creazione del più grande centro al mondo per lo stoccaggio della CO2, utilizzando i giacimenti di gas ormai esauriti. Ma il controsenso più clamoroso sa qual è? Che dal governo sia stato anche solo pensato un emendamento del genere: mentre si ostenta la difesa dei diritti di Eni tra Cipro, Turchia ed Egitto, si va ad affossare la sovranità energetica nazionale. Questo è un caso che andrebbe portato davanti al Copasir”.
Parlando con MF, Pirani aggiunge: “Cosa sarebbe successo se quell’emendamento non fosse venuto allo scoperto? Appena una settimana fa abbiamo incontrato l’ad Descalzi, che ci aveva confermato un piano di investimenti per l’Italia pari a 6 miliardi di euro al 2023, e già in quell’occasione erano emerse le preoccupazioni per il futuro dell’upstream, frenato da un quadro normativo penalizzante"
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