sicurezza e cambiamento

Interviste

ravenna 11 aprile 2022

Marcegaglia, l’acciaio ora arriva da Asia, Giappone e Australia

11 aprile 2022 - ravenna - Lo scoppio della guerra Russo-Ucraina ha portato in primo piano il problema dell’approvvigionamento di materie prime per molti settori, compresa la siderurgia. 

Come si ripercuote questa crisi sullo stabilimento ravennate della Marcegaglia?

 

Ne abbiamo parlato con il direttore dell’impianto, Aldo Fiorini.

 

“La guerra ha comportato un’interruzione brusca dei flussi e dei canali di approvvigionamento di molte materie prime e non solo nel settore siderurgico - qui a Ravenna ne sappiamo qualcosa visto che il porto è il primo nel Mediterraneo per lo stoccaggio dei cereali - ma anche nel nostro settore, dove ha inciso in maniera importante. Russia e Ucraina sono infatti due grandi produttori di acciaio e due altrettanto grandi esportatori, soprattutto di ghisa e di alcuni semilavorati. Le cito un dato. Per la siderurgia, la Russia rappresenta il 21% di tutte le importazioni europee di prodotti, una percentuale che sale per le materie prime, per le quali l’Italia arriva addirittura al 50%. 

Dall’oggi al domani questo flusso stabile e ormai consolidato negli anni è venuto improvvisamente a mancare e le nostre imprese si sono trovate senza tutta un serie di materie prime: dal minerale di ferro al carbone, dalla ghisa (Russia e Ucraina insieme rappresentavano il 60% delle forniture globali di ghisa) ai pellets per i DRI, dal rottame ferroso al nichel, dal ferrocromo a diversi metalli. 

La Russia è il terzo produttore di metalli al mondo, con quote che vanno dal 50% per il palladio, al 30% per l’uranio, al 20% per il nickel, al 15% per il plutonio e al 10% per l’alluminio. Ma da quei Paesi arrivavano anche bramme, lamiere da treno, coils a caldo, con percentuali altrettanto significative. 

Uno scenario che si è andato via via complicando anche a seguito dell’incalzare delle sanzioni. E si è creata una situazione quasi di panico: molte materie prime sono diventate di difficile reperimento, anche perché, non dimentichiamolo, venivamo da un’onda lunga di crescita che aveva determinato già un forte rialzo della domanda per molti settori del manifatturiero, a partire proprio da quello siderurgico”.

 

E voi, come vi siete organizzati?

“Noi siamo stati molto rapidi e abbiamo sostituito alcuni rifornimenti che arrivavano da Russia e Ucraina e, grazie all’ampio network di contatti e relazioni che il Gruppo Marcegaglia possiede stabilmente da anni, siamo riusciti a trovare valide alternative di fornitura, ovviamente pagando prezzi più alti. Ma non abbiamo fermato la produzione in nessuno dei nostri stabilimenti, nemmeno in quelli più a rischio come i due di San Giorgio di Nogaro dove c’è un polo siderurgico che produce 3 milioni di tonnellate di acciaio, il 30% del mercato europeo delle lamiere da treno. Anche qui a Ravenna - grazie a un importante stock di materia prima, che noi teniamo sempre in via cautelare, e al rapido cambio fornitori - non abbiamo avuto problemi e abbiamo garantito la consueta operatività produttiva. Abbiamo continuato a scaricare, mediamente, ogni mese, 350mila tonnellate di acciaio, lo stesso dato di prima della guerra. Solo che invece che da Russia e Ucraina le navi adesso arrivano da Asia, Giappone, Australia”.

 

In questa fase, la siderurgia quali altri problemi incontra?

“I bombardamenti hanno danneggiato le infrastrutture viarie e creato gravi problemi logistici. Dall’inizio della guerra i porti marittimi in Ucraina non sono più agibili perché le navi da guerra russe hanno bloccato il Mar Nero. 

La maggior parte delle industrie siderurgiche ha sospeso le attività e messo gli impianti in stand by per ragioni di sicurezza. Circa un terzo della capacità produttiva siderurgica in Ucraina si trovava a Mariupol, che è la zona più calda della guerra. Quindi le ripercussioni sul nostro settore non sono e non saranno da poco. Anche perché, oltre alla questione prezzi/approvvigionamento materie prime, il problema maggiormente attenzionato per le aziende è in questo momento quello energetico, sul quale è stato detto tutto, sia dal lato delle forniture, con la necessità di diminuire la dipendenza dalla Russia e diversificare; sia da quello dei prezzi, che hanno raggiunto livelli “stratosferici”: quest’anno il gas, tanto per entrare nel concreto, aumenterà di almeno il 100%, dopo un incremento del 400% nel 2021, rispetto all’anno precedente.

Detto questo, però, più che di problematiche mi piacerebbe parlare di prospettive. Ravenna è sempre stata un po’ la frontiera del Gruppo, da questo stabilimento sono partiti i progetti più innovativi. Gliene sottolineo due dei più recenti, entrambi in fase iniziale ed entrambi verso la ricerca di produzioni “green”. Il primo riguarda la tematica delle emissioni di CO2: il Gruppo Marcegaglia è entrato in una partnership per la Decarbonizzazione del Polo Industriale di Ravenna. Insieme ad altri player locali e con il supporto di importanti partner infrastrutturali stiamo, infatti, lavorando su un progetto di cattura, trasporto, uso e stoccaggio di CO2 i cui impatti e sviluppi si concretizzeranno nei prossimi anni. L’altro progetto, altrettanto importante e pionieristico, riguarda la produzione di idrogeno verde.

 

Quali previsioni si possono fare?

“La guerra disegnerà inevitabilmente un nuovo equilibrio. Noi stiamo registrando un po’ di rallentamento negli acquisti di materiali che contengono acciaio, ma non vediamo scenari drammatici. A fronte di una domanda rallentata ci sarà un’offerta altrettanto rallentata, quindi l’industria nel suo complesso non dovrebbe soffrire troppo. Certo è che lo scenario resta di difficile lettura, soprattutto perché è soggetto a cambiamenti talmente repentini e imprevedibili che bisogna restare molto cauti e vigilare con grande attenzione quello che accade, per essere pronti a reagire tempestivamente.

Detto questo, crediamo che il nostro settore vedrà una reddittività nel complesso soddisfacente, grazie a un livello di prezzi e una marginalità discreta. 

Al di là dell’impatto diretto su siderurgia e metallurgia, i due settori hanno ricadute su tutta la filiera metalmeccanica, sull’automotive, sugli elettrodomestici, sulle costruzioni, i trasporti. Dovremo fare i conti con una domanda ridimensionata, come dicevo, ma che resterà pur sempre interessante, e costi di produzione per le imprese e, a ruota, per i consumatori, mediamente più alti che in passato”. 


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