sicurezza e cambiamento

Energia

ravenna 08 marzo 2016

Oil&Gas: "Il referendum mina l'occupazione"

08 marzo 2016 - ravenna - "Il referendum abrogativo indetto il 17 aprile prossimo - scrive Daniele Grotti, della segreteria della Femca Cisl - mira ad annullare il rinnovo delle concessioni (già vigenti), per la coltivazione dei giacimenti di idrocarburi, ubicate dentro le 12 miglia di distanza dalle linee di costa e dal perimetro delle aree marine e costiere protette.

La normative in vigore prevede il rinnovo della concessione fino alla durata del giacimento, e vieta già la realizzazione di nuovi pozzi/trivellazione entro le citate 12 miglia.
E’ pertanto fuorviante impostare il quesito referendario come "trivelle sì o trivelle no", infatti al di là dell'esito referendario, non ci sarà alcuna nuova trivellazione in mare dentro le 12 miglia, ripetiamo già vietate dalla legge corrente.

Viceversa, in caso di affermazione del referendum si genererebbe un arresto imprevisto della produzione dai giacimenti, con conseguente annullamento dell'entrate per l'impresa, per lo stato/enti (royalties, canoni d’esplorazione e produzione, tassazione specifica e imposte sul reddito della società) un aumento della disoccupazione già pesantemente presente per la difficile congiuntura economica del mercato petrolifero, ricadute economiche negative sul territorio locale. Esponendo così la società titolare delle citate concessioni contemporaneamente ai costi per la chiusura mineraria dei pozzi, per la dismissione di tutti gli impianti e per il ripristino ambientale, non pianificati secondo gli originali tempi di progetto.

A chi giova tale risultato?

L’argomento “idrocarburi” è difficile e poco spendibile ai fini elettorali, non è corretto parlarne solo quando fa notizia e sotto campagna elettorale.
Lo Stato Italiano vieta la tecnica dello shale gas e lo shale oil.
Sotto il profilo strategico oltre che economico, pertanto non si può non considerare l’attuale necessità di utilizzare le riserve nazionali di idrocarburi, già scoperte, per limitare in parte questa dipendenza.

La richiesta del gas metano è crescente, malgrado il forte calo della produzione nazionale, ed è criticamente vincolato dalle importanti forniture straniere.
L’Italia, sempre caratterizzata dall’attività manifatturiera soffre del fatto che deve importare tutte le materie prime, in particolare quelle energetiche, originando uno strutturale deficit energetico che deve essere finanziato dalle esportazioni dei manufatti.

Il personale operante nel settore dell'industria, contribuisce con la propria retribuzione, in maniera importante alla crescita economica del territorio.
E' ingiusto e strumentale attribuire all'attività di estrazione la responsabilità di ogni calamità o danno ambientale.
Ravenna è la sede del distretto petrolifero più importante d’Italia, per presenza di aziende, per quantità di attività e per la rilevanza raggiunta nel settore a livello mondiale. A Ravenna si svolge il congresso di rilevanza mondiale OMC Offshore Mediterrean Conference dal 1993 che vede la presenza di molteplici aziende e visitatori.
Ravenna rappresenta un esempio di convivenza, da studiare, fra grandi attività industriali e turismo di qualità.

Solo la scarsa o nulla conoscenza della realtà produttiva descritta, ovunque apprezzata, può spiegare l’opposizione all’attività “mineraria” nel nostro Paese.
Infatti sono già fallite e sono a rischio aziende del settore, appartenenti all’indotto italiano, e straniere, che non si limita solo al comparto “Upstream”, ma ditte che operano nella fornitura di beni e servizi (infrastrutture, logistica, trasporti, manutenzione, ecc.….).
La medesima situazione sta accadendo a Ravenna.
In questo contesto possiamo permetterci la fermata delle piattaforme dentro le 12 miglia che nell'area ravennate rappresentano un numero rilevante, per effetto del referendum in discussione della produzione?

Dove verranno recuperate le risorse mancanti a seguito di tale scelta?

Non crediamo sia possibile pensare che vada bene tutto ciò che accade fuori dal proprio confine, considerando giusta o dimenticando la fornitura di gas metano dall'estero, mentre viene considerata inaccettabile la produzione sul territorio nazionale, con tutto ciò che ne consegue!
Con il rischio di minare il sistema economico-sociale ravennate privandosi di una risorsa così importante (il metano) per la comunità Ravennate e per il paese.

Qual è il modello socio - economico sostitutivo proposto, in che modo e secondo quali tempi si intende realizzarlo e con quali sacrifici/ ricadute per i lavoratori ed i cittadini?
Crediamo nella reale necessità di integrare le fonti energetiche tradizionali migliorando l'impiego delle fonti rinnovabili.

Si ritiene giusto il coinvolgimento delle comunità locali, pubbliche amministrazioni, organismi didattici ed altri in un dibattito costruttivo su cosa vuole dire il gas per Ravenna e quali sono i benefici occupazionali e introiti economici che derivano dalla sua produzione.
Queste sono le ragioni che intendiamo sostenere in ogni occasione. Noi stiamo con i lavoratori e con loro lotteremo per l’occupazione, senza se e senza ma. Non vogliamo che si crei l’alibi all’ENI per permetterle di lasciare il Paese. Per questi motivi considerata l'inadeguatezza del referendum del 17 aprile prossimo, chiediamo di esprimere la propria volontà non andando a votare".



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